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Perché il personal branding non funziona più (come prima)

Sento spesso dire, anche da colleghi esperti di personal branding, che nel 2020 promuoversi online era molto più semplice.

  • “3 modi per…”
  • “il tutorial che aspettavi…”
  • “5 errori che non ti permettono di…”

Vero, erano contenuti facili da creare e spesso funzionavano.

Oggi, però, le cose sono cambiate.

Per come la vedo io, fare personal branding nel 2025 non è più difficile. È solo diverso.

Le regole non sono più le stesse e sta a noi aggiornarci per rimanere al passo con i tempi.

In questo articolo ti spiego perché il personal branding non funziona più come prima. Ma soprattutto ti mostro come farlo funzionare oggi, nell’era dell’AI.

Sei con me? Andiamo!

Quel che funzionava… non funziona più

Qualcosa mi dice che lo sai bene anche tu.

Sono mesi che pubblichi i cari vecchi contenuti di valore, quelli che sono in grado di:

  • informare,
  • ispirare,
  • intrattenere.

Li conosci e sai come farli bene.
Eppure, non funzionano più.

Non stai ottenendo i risultati che ti aspettavi.

Le visualizzazioni restano basse, i clienti non arrivano, il fatturato è fermo (quando non cala).

E inizi a chiederti: sto sbagliando qualcosa?

Troppi contenuti, poca differenziazione

ragazza che lavora al computer

Non è che stai sbagliando qualcosa.
È che non ti stai differenziando nel modo giusto.

Parliamoci chiaramente: oggi c’è troppo.

Troppi contenuti, troppi stimoli, troppa roba che ci passa davanti senza lasciar traccia.

Siamo sommersi.

Se ne producono più di quanti ne riusciamo a leggere, guardare, ascoltare.

Siamo passati dall’epoca in cui bastava esserci, a quella in cui essere rilevanti è l’unica cosa che conta.

Ecco perché l’ennesimo post su “come promuoverti online” suona già visto.

E perché i contenuti che funzionavano fino a ieri, oggi non ci dicono più niente.

Lo scrivevo già un anno fa.
Oggi, è più attuale che mai.

La verità?

Siamo stanchi dei soliti post che circolano nel web.

La mente umana è attratta dalla novità. Ecco cosa manca.

Ma c’è di più.

Se da un lato siamo bombardati da contenuti tutti uguali, dall’altro è arrivato un competitor che cambia le regole del gioco: l’intelligenza artificiale.

Cos’è cambiato con l’AI

Foto di Maria Grazia De Falco seduta a un tavolo con il mare di sfondo, intenta a guardare lo smartphone mente sorride

L’AI ha cambiato le regole su più livelli.

Oggi chiunque può scrivere un post, creare una caption, inventare uno slogan — in pochi secondi e con risultati anche dignitosi.

Ma, attenzione, se non la si imposta correttamente, l’AI usa un linguaggio generico, facilmente riconoscibile, che non ha nulla a che fare con la voce del professionista.

La conseguenza?
Caption o articoli piatti, senz’anima. Quindi, noiosi.

Sia chiaro, non demonizzo l’intelligenza artificiale, anzi.

La uso anch’io, per me e per i miei clienti.

Ma va fatto con criterio per far sì che il risultato di quel prompt rispecchi davvero l’identità professionale di chi pubblicherà il contenuto.

È qui che ti giochi la vera differenza.

E poi c’è un’altra cosa.

Oggi, se una persona ha una domanda, non la cerca più su Google o sui social.

La fa direttamente a ChatGPT (o a strumenti simili).

Il problema?

Se i tuoi contenuti non vengono citati o presi come riferimento… è come se non esistessi.

Questa è la nuova sfida.

Non basta più pubblicare contenuti: bisogna creare riferimenti.

Diventare fonti affidabili.

E per farlo, serve dire qualcosa di vero, unico, rilevante.
Serve condividere un punto di vista.

Il vero valore che il tuo pubblico cerca oggi

Foto di Maria Grazia seduta sul divano, con il computer tra le mani. Guarda la fotocamera e ride felice

Oggi chiunque può accedere facilmente alle informazioni di cui ha bisogno, in qualsiasi momento.

Non serve più seguire un professionista per imparare qualcosa: basta fare una domanda all’AI e la risposta arriva in pochi secondi.

E allora, che senso ha continuare a creare contenuti?
Ha senso se capiamo che l’informazione non è più il valore principale.

Il vero valore, oggi, è la relazione.

È quel legame che si crea quando una persona si sente riconosciuta, capita, ascoltata.

Quando sente che c’è un umano dall’altra parte.

Con le sue idee, il suo vissuto, la sua voce.

È lì che l’intelligenza artificiale non arriva. Per ora.

Non può sostituire la tua esperienza, né la fiducia che si costruisce con il tempo.

Le persone oggi non vogliono solo imparare: vogliono connettersi.

Se c’è una skill che oggi fa la differenza nel personal branding, è proprio questa.

Come (ri)fare personal branding nel 2025

ragazza che guarda il mare, con il cielo sullo sfondo

Nel 2025 non basta più esserci.
Non basta nemmeno creare contenuti di valore.

Fare personal branding oggi significa creare connessioni reali.

Dire qualcosa che sia tuo, che venga dalla tua esperienza e non da un trend.

Mostrare la tua visione.
È questo che ti distingue dalla concorrenza: la chiarezza con cui ti posizioni.

Per farlo bene, serve un grande lavoro introspettivo.

Devi capire chi sei — come professionista, ma anche come persona.

Per il tuo personal brand, parti dalle fondamenta. Queste.

Quali sono i tuoi valori?
Quale cambiamento vuoi portare nel mondo?
Perché le persone dovrebbero scegliere te, tra tanti?

Sono domande a cui devi saper dare risposte.

Quando le avrai trovate, il resto verrà da sé.

Parole, contenuti, presenza.

Tutto comincia da lì.

Oltre i social c’è di più

Avatar MG vestita da fata

Sai qual è uno degli errori che vedo fare da professionisti e freelance?

Puntare tutto sull’online.

Fare all-in sui social media e dimenticarsi di tutto il resto.

Il personal branding esisteva anche prima dell’avvento del web, lo sai?

Ma non è colpa tua.

I fantomatici consulenti di marketing e comunicazione ci hanno bombardati con questa storia dei social media.

E per anni ci siamo dimenticati di tutto ciò che sta oltre l’online.

Abbiamo pensato che quello fosse l’unico modo per farci conoscere, trovare clienti, far girare il nostro nome.

Non è così. 

Lo dico spesso anche nei miei percorsi di personal branding: c’è una dimensione offline che può fare la differenza.

Puoi organizzare piccoli eventi nella tua città, creare sinergie con professionisti affini, lavorare sul passaparola in modo strategico.

Di altre idee ne ho parlato in questo articolo se ti va di approfondire.

Insomma, non esistono solo i social e non devi puntare tutto sui contenuti.

Devi trovare la tua formula sostenibile per fare personal branding come piace a te. 

Forse possiamo farlo insieme.
Puoi candidarti a questa pagina.

In conclusione

Il personal branding al tempo dell’AI è cambiato.

C’è chi l’ha già capito e sta adattando la propria comunicazione – attirando clienti in target e aumentando le entrate.

E poi c’è chi è rimasto fermo al 2020.

Tu, in quale anno senti di essere?

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